Trasgressione di Uzma Aslam Khan: recensione, riflessioni, invito alla lettura
- Daniela B.

- 19 set
- Tempo di lettura: 5 min
⚠️Spoiler Alert - Contiene qualche indizio deciso sul contenuto del libro
C’è un libro che mi ha rapita sin dall’inizio: Trasgressione (Trespassing nella versione originale) di Uzma Aslam Khan. È stato il mio primo libro del 2025, iniziato la mattina del 1° gennaio, quando tutto taceva ancora intorno a me e io aprivo la prima pagina come se fosse un augurio, un segno. Da subito ho capito che non sarebbe stata solo una lettura: era un varco. Dentro non c’era solo una storia, ma politica, dolore, memoria, conflitto.
La scrittura di Khan è un abbraccio e insieme una ferita: ti stringe e non ti lascia più. Non è solo la trama, ma l’aria che respiri tra le righe, i contrasti che ti pungono — ricchezza e povertà, occidente e oriente, desiderio e costrizione, amore e silenzio, fino al grido soffocato che ti resta addosso.
Leggendo mi sono ritrovata immersa in un mondo che non conoscevo, il Pakistan degli anni novanta. Un paese di contraddizioni, segnato da guerre, ingerenze, politiche straniere, ma anche da radici profonde: il rapporto con la terra, con i campi, con una vita contadina che sopravvive nonostante tutto.
E poi quelle scene che sanno di impotenza. Mi hanno riportato a luoghi che ho visto, a atmosfere che ho respirato: la burocrazia lenta e opprimente, la disuguaglianza che pesa sulle spalle, la povertà che non lascia scampo. In Romania, in Egitto, in Sri Lanka, in Marocco… ho rivisto quelle stesse ombre, quel senso di ingiustizia che sembra universale.
Forse è per questo che leggere Trasgressione il primo giorno dell’anno è stato più di un caso: sembrava quasi una promessa a me stessa. Non un semplice passatempo, ma un’apertura a mondi che non conosco, a domande che di solito lascio in fondo al cassetto.
Parole fresche di fine libro
Quando a gennaio scrissi le prime righe della mia recensione su Goodreads, mi colpì subito la vena politica che attraversa Trasgressione. Non è solo un romanzo, ma anche uno sguardo critico sul mondo, soprattutto verso la politica estera degli Stati Uniti: un paese che, tra guerre e ingerenze, sembra aver dimenticato i suoi stessi ideali di origine.
Ma quello che mi sorprese ancor di più fu la capacità di Uzma Aslam Khan di entrare nell’animo maschile. I suoi personaggi uomini non sono mai piatti o prevedibili: hanno ombre, sfumature, complessità che raramente una scrittrice riesce a restituire con tale autenticità. A tratti sembra quasi che il libro sia stato scritto da un uomo, tanto sono vivi e reali i loro pensieri.
La storia è cupa, sì, e probabilmente non avrà un lieto fine. Ma non sempre serve la consolazione di una chiusura felice: a volte il disincanto è necessario, perché ci avvicina a un’altra forma di verità. Una verità scomoda, ma più onesta.
Ed è proprio per questo che consiglio il libro. Perché leggere non è mai solo intrattenimento: è un modo per continuare ad apprendere, per vedere il mondo con occhi diversi, per ricordarci che non si finisce mai di imparare.
Alcune riflessioni culturali
Spesso in Europa, in Italia, abbiamo una tendenza (non sempre conscia) a leggere certi tipi di narrativa estera — ma lasciamo in ombra quelle storie che parlano della “periferia del mondo”, storie con radici in Asia, Medio Oriente, Sud-est asiatico, che mescolano politica, storia, intime ferite. Trasgressione è una di quelle storie. E mi chiedo: perché questi libri restano relativamente poco conosciuti?
Ho cercato dati sulle copie vendute in Italia per questo libro tradotto: non ho trovato numeri certi. Non risulta tra i titoli molto popolari come altri della narrativa internazionale “di protesta” o “di frontiera”, né nelle classifiche mainstream. È un peccato, perché meriterebbe una visibilità più grande. Se vuoi, posso cercare nella SBN italiana, nelle librerie indipendenti, o nei cataloghi degli editori per capire se ci sono stime.
Un’altra riflessione: il contrasto fra la concezione occidentale di “felicità” — spesso legata al benessere materiale, alla stabilità politica, alla libertà individuale — e quella (o quelle) esposizioni del mondo orientale, dove la felicità appare fragile, complicata, intrisa di memoria, sempre sotto minaccia. Chissà se la tristezza di molti finali deriva dalla realtà, oppure dalla (giusta) aspettativa che il lettore esterno ha — che queste storie debbano essere “drammatiche”, “oscure”. Ma forse queste storie sono proprio così, senza filtri, per onestà.
Qualche dato concreto su Trasgressione
Uzma Aslam Khan è una scrittrice pakistana cresciuta a Karachi, ma con un respiro internazionale che si riflette in ogni sua pagina. Ha studiato e vissuto in diversi paesi, e questa prospettiva globale le permette di raccontare storie che non appartengono solo a un luogo, ma che si intrecciano con la storia del mondo.
Trasgressione è uscito per la prima volta nel 2003, in lingua inglese, e da allora ha viaggiato molto: tradotto in quattordici lingue e pubblicato in diciotto paesi, è stato anche candidato al Commonwealth Writers’ Prize, regione Eurasia, nello stesso anno. Un riconoscimento che testimonia l’impatto e la qualità di questo romanzo, capace di parlare di politica, intimità e contraddizioni universali.
Eppure, arrivando all’Italia, mi sono scontrata con una realtà diversa: la scarsa diffusione. Non ci sono dati certi sulle vendite né sulla tiratura italiana. Il libro non compare nemmeno su Goodreads nella sua edizione italiana, come se fosse invisibile alla comunità di lettori.
Questo dettaglio, che può sembrare marginale, in realtà dice molto. Nel nostro paese la narrativa straniera viene spesso filtrata dalle mode editoriali: certi titoli vengono spinti fino a diventare fenomeni, mentre altri — quelli che aprono davvero finestre su culture lontane — rischiano di passare inosservati. Ed è un peccato enorme. Perché sono proprio questi testi, meno “addomesticati”, meno “facili”, a offrirci la possibilità di crescere, di guardare oltre, di scoprire ciò che altrimenti resterebbe fuori dal nostro orizzonte di lettori.
Fine, ma non conclusione: un invito alla lettura
Lasciati avvolgere dalla seta preziosa, sfilacciata, di questo libro — come una crisalide fatta bollire. Trasgressione non è un racconto semplice: ci sono scene forti, violente, delicate insieme; ci sono ferite, ma anche bellezza. È un libro che restituisce — a chi legge con cuore aperto — la dignità di voci che non sempre vengono udite.
Se vuoi cambiare prospettiva, capire meglio la storia, lasciati trasportare. Non perché il finale sia roseo (non lo è), ma perché vale la pena abitare per qualche ora queste vite, queste domande, questi silenzi. Alla fine, anche il dolore insegna. E forse, solo allora, possiamo capire un po’ di più quel confine — che non sempre sappiamo dove sia — tra est e ovest, ricchezza e perdita, memoria e oblio.
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