Hai mai letto un libro che NON ti è piaciuto?
- Daniela B.

- 3 giorni fa
- Tempo di lettura: 4 min
Io si.
Partiamo dal principio: io leggo di tutto. Dalla Bibbia a Cinquanta sfumature di grigio, dai libri di geopolitica a quelli di meditazione, e perfino libri per bambini, libri ambientati in culture completamente diverse tra loro. Ribadisco: leggo di tutto. E se sei un lettore o una lettrice, lo sai già. Lasciare un libro a metà rode. Ti rimane lì, come un pezzo di carne tra i denti a una cena fuori.
È quella sensazione fastidiosa che ti prende quando hai dato la parola a qualcuno in un momento di entusiasmo, o di improvviso eccesso di altruismo, e poi ti ritrovi a dover mantenere la promessa controvoglia. E mentre lo fai, ti ripeti mille volte che “la prossima volta impari”, che “sarai meno disponibile”, che “non ti ricapita più”. Eppure sei lì, a portare a termine qualcosa che non vuoi fare davvero… solo perché ormai ti sei presa l'impegno e la parola data va mantenuta. E arrendersi non è un'opzione a quel punto.
Una promessa non mantenuta
Ecco: per me, interrompere un libro è esattamente così. Una promessa non mantenuta. Una piccola resa personale che mi resta sullo stomaco molto più a lungo di quanto dovrebbe.
Credo di essermi spiegata. Ma posso anche dimostrarlo. Ricordo benissimo i libri che non ho finito:
• Follia di Patrick McGrath – una storia cupa, ossessiva, claustrofobica, incentrata sulla relazione distruttiva tra un paziente psichiatrico e la moglie di un medico dell’istituto. Un amore tossico, che scivola in profondità sempre più disturbanti. L’ho mollato, ma me lo ricordo come se l’avessi chiuso ieri.

• Un posto chiamato QUI di Cecelia Ahern – l’ho appena rimesso sul Kobo per finirlo, stavolta. È la storia di una ragazza ossessionata dalle cose e dalle persone scomparse… finché un giorno sparisce lei. Mi è rimasto così impresso l'inizio: un posto in cui finiscono i calzini spaiati dalla lavatrice, dove finiscono gli oggetti mai ritrovati.... e le persone.
• The Host di Stephenie Meyer – ero a un passo dal non finirlo. Non ricordo nemmeno con certezza se l’ho concluso o meno, ma ho l’impressione di sì.
• E poi c’è quel libro misterioso: una famiglia sottoposta a un esperimento scientifico che li rende invisibili. Letto forse quindici anni fa. Se qualcuno riconosce il titolo, me lo scriva nei commenti. Sto ancora cercandolo.
Questi sono romanzi che ho abbandonato dieci, quindici anni fa. Il fatto che mi tornino ancora in mente la dice lunga su quanto mi rode non averli finiti. E poi ci sono i libri così creepy, ossia disturbanti, che ti inseguono nella memoria, come quel romanzo di fantascienza con alieni rettiliani che vivono tra noi fingendosi umani e preparano un’invasione. Altro titolo che ho perso per strada. Se ti viene in mente, fammelo sapere.
Tornando a noi, forse ce ne sono altri che ho lasciato a metà o che ancora mi tormentano. Ma oggi volevo parlarti di quelli che invece porto a termine proprio per evitare la tortura appena descritta. L’ultimo:
Mrs. March di Virginia Feito
Tengo a precisare - davvero - che ho grande rispetto per la scrittrice. Per il talento, la pazienza, la tenacia che servono per completare un libro. Non è niente di personale. Ma questo romanzo mi ha fatto provare un’emozione che non sentivo da tempo: chi me l’ha fatto fare a iniziarlo? Ora devo pure finirlo. Perché so cosa succede se non lo finisco: ci rimugino per anni.
E l’ironia è che, quando l’ho concluso, trascinandomi dai primi capitoli fino alla fine, sperando invano che la storia prendesse una piega diversa, mi sono sorpresa a sentire la mancanza di Mrs. March. La stessa Mrs. March che fino a tre minuti prima… odiavo. Ma odiavo con convinzione.
"Una donna che vive completamente dentro di sé"
Eppure, non puoi fare a meno di capirla. È una donna che vive completamente dentro di sé, che ha solo se stessa come punto di riferimento. Da fuori appare egocentrica, quasi insopportabile. Ma sotto c’è una frattura, una crepa invisibile che vedi solo se guardi oltre le sue paranoie, oltre il suo modo di essere così profondamente chiusa in se stessa. È una donna che si aggrappa disperatamente a un’immagine che non sente più sua, che si muove nel mondo come se fosse fatta di vetro, e ogni passo, ogni scelta, ogni sorriso sembra più un equilibrio precario che una sicurezza reale.

Ed è proprio questo il punto. Mrs. March è talmente avvolta nelle sue fragilità che, per osmosi, ti trascina dentro il suo sguardo distorto. È riuscita persino a farmi, per un momento, disprezzare New York. E per me è quasi un sacrilegio dirlo, perché io amo l'idea di New York - non ci sono mai stata davvero, ma è come se ci fossi stata. Amo New York al punto che a volte guardo film solo per rivivere quell’atmosfera inconfondibile:Sex and the City, You’ve Got Mail (C’è posta per te), When Harry Met Sally, Breakfast at Tiffany’s, Home Alone 2, Serendipity, Hitch, The Devil Wears Prada, Friends (ok, girato in studio, ma l’energia è quella), How I Met Your Mother… tutto quello che mi fa respirare, anche solo per un’ora, la magia della città che non dorme mai.
Eppure, per qualche pagina, Mrs. March mi ha tolto tutta quella luce. New York vista da lei diventa un luogo freddo, ostile, deformato dal suo disagio interiore. Ed è in quel contrasto tra la città che amo e la città che lei percepisce che ho capito quanto fosse profonda la sua crepa.
La cosa più affascinante è che, in tutto il romanzo, la protagonista rimane semplicemente Mrs. March. Il suo nome non viene mai pronunciato. Mai. E questo dettaglio non è casuale: è la prova narrativa di quanto questa donna abbia finito per incarnare l’identità che gli altri le hanno cucito addosso, fino a dissolvere completamente la propria.

A un certo punto, però, la scrittrice lascia in modo geniale un indizio rivelatore: Mrs. March è il nome che le ha dato la madre, preso dalla nonna materna, una figura che lei, tra l’altro, non amava particolarmente. Ma né il nome della nonna né quello di Mrs. March vengono mai rivelati. È un silenzio intenzionale, un vuoto identitario che diventa parte del personaggio stesso. Un tocco artistico sottile e potentissimo, perfettamente in linea con tutto ciò che il romanzo vuole raccontare.
Questa è la mia ultima esperienza con i libri che forse non avrei dovuto leggere. Tu ne hai mai incontrato uno così?



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