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Jonathan Unleashed di Meg Rosoff – Recensione e pensieri

  • Immagine del redattore: Daniela B.
    Daniela B.
  • 2 ott
  • Tempo di lettura: 5 min

Alla faccia del destino. Quella forza invisibile che ci guida, ci spinge, e a volte ci costringe a compiere scelte che da soli non avremmo mai avuto il coraggio di prendere. C’è chi lo vede come una mano esterna, chi come una semplice concatenazione di eventi. Ma mi chiedo: possiamo considerare anche i cani partecipi di questa forza misteriosa? Compagni fedeli, silenziosi suggeritori, capaci di mostrarci la direzione giusta quando noi continuiamo a girare in tondo.


Quando ho preso il mio cane, era perché avevo deciso di restare single per un bel po’ dopo l’ennesima delusione sentimentale. Eppure, da grande appassionata di romanzi e di storie d’amore (non solo Jane Austen ma anche libri più contemporanei come Jonathan Unleashed), a momenti ho sperato che, proprio grazie a lui, potesse arrivare quel famoso incontro “casuale”… che in realtà casuale non sarebbe stato affatto, ma guidato da una forza esterna con il mio cane come tramite.


Forse avevo scelto il cane “sbagliato”, perché i Labrador Retriever sono noti per la loro straordinaria socialità: secondo lui, più o meno chiunque avrebbe potuto essere il candidato ideale! Sono una credente mistica, e così arrivai perfino a pregare e invocare che il mio cane non fosse più così indiscriminatamente amichevole, ma che potesse guidarmi verso la persona giusta. E qualche settimana dopo, è arrivato il mio attuale fidanzato.


Non potrò mai dire con certezza se sia stato davvero il cane a “sceglierlo”. So solo che, proprio in quel periodo, in casa entravano due uomini: il fidanzato di mia sorella e quello che sarebbe diventato il mio compagno. Leon – il mio cane – ha mostrato fin da subito una predilezione particolare per quello che oggi è il mio fidanzato. Ma, ancora una volta, non sapremo mai se fosse perché io reagivo in modo diverso alla sua presenza… o per motivi molto più semplici, come il fatto che entrambi in casa avessero già un cane, e quindi Leon percepisse i loro odori e diventasse ancor più amichevole.


Rimane il fatto che dopo quella preghiera non ho più avuto occasione di “testare” la mia teoria. Avrei potuto dire, sulla stessa linea di pensiero del libro, che il mio cane mi ha davvero guidata verso la persona giusta. Ma preferisco soffermarmi su un altro aspetto del romanzo e, soprattutto, del rapporto tra Jonathan e i suoi cani: la depressione.


Leon mi ha salvata dalla depressione. Non entrerò nei dettagli, ma so con certezza che, pur non potendo confermare che i cani ci accompagnino verso le persone giuste o predestinate, posso affermare che ci salvano dal buio. Tra l’attività fisica quotidiana a cui ci costringono e il loro affetto incondizionato, la depressione non ha scampo. Io ne sono la prova vivente.


Ed è qui che entra in gioco la differenza tra me e Jonathan. Io sono una persona profondamente proattiva: quando la depressione mi ha sfiorata, non si è nascosta dietro la mia quotidianità, ma l’ha stravolta del tutto, costringendomi a cercare un nuovo equilibrio. Per Jonathan, invece, la depressione sembra quasi passare inosservata, camuffata dalla sua costante passività. Lui non sceglie mai davvero: lascia che siano gli altri – o il destino stesso – a decidere per lui.


E forse è proprio questa la distanza più grande che ho avvertito nei confronti del protagonista: là dove io reagisco, mi butto, mi rimetto in gioco, lui rimane sospeso, incapace di prendere in mano la propria vita.


foto del mio attuale fidanzato con il mio cane
Esattamente 1 anno fa - 4 Ottobre 2024 - Leon, il mio Labrador, con il mio attuale fidanzato

Lo stile narrativo di Meg Rosoff



Lo stile di Meg Rosoff in Jonathan Unleashed è ironico, leggero e scorrevole, ma al tempo stesso non superficiale. Riesce a trasformare situazioni quotidiane – un lavoro che non entusiasma, una relazione che scricchiola, l’incapacità di prendere decisioni – in spunti di riflessione universali. È un linguaggio che ti accompagna senza mai appesantire, ma che lascia anche quella sensazione sospesa di qualcosa che potrebbe accadere da un momento all’altro. Per me, abituata a cercare sempre un ritmo proattivo nella vita come nella lettura, questa lentezza quasi rassegnata di Jonathan ha creato una distanza netta: eppure è proprio qui che lo stile della Rosoff trova la sua forza, nel riuscire a raccontare una passività senza annoiare.



I cani come specchio del protagonista



I veri coprotagonisti del romanzo sono i cani, Dante e Sissy. Non solo compagni di vita, ma specchi viventi della condizione emotiva di Jonathan. Laddove lui non riesce a esprimere o persino a riconoscere i propri sentimenti, i cani diventano la sua voce, il suo riflesso, la parte autentica che lui reprime. È un’idea che mi ha colpito molto, perché chi vive con un cane sa bene quanto sappiano leggere tra le righe del nostro stato d’animo, molto meglio di quanto spesso sappiamo fare noi stessi. Ed è anche per questo che, leggendolo durante le mie passeggiate con Leon, sentivo di avere un legame speciale con le pagine del libro: come se, in fondo, stessi leggendo non solo di Jonathan, ma anche un po’ di me e del mio cane.


Il tema del destino


Infine, c’è il grande tema del destino che attraversa tutto il romanzo. Jonathan sembra vivere come se la sua vita fosse guidata da una forza esterna, incapace di opporsi o di decidere davvero. È il destino che gli porta eventi, persone e persino l’amore, mentre lui resta immobile ad attendere. Da lettrice, e da persona che crede nel destino ma che al tempo stesso cerca sempre di orientarlo con le proprie scelte, mi sono trovata spesso a domandarmi quanto di questa storia fosse un riflesso della realtà. Forse i cani non ci conducono davvero al nostro “principe azzurro”. Forse, invece, ci insegnano che anche nella passività più assoluta resta una possibilità di cambiamento.


Conclusione


Alla fine, Jonathan Unleashed non è stato il libro che mi aspettavo. Mi ha lasciato con più domande che risposte — e forse è proprio questo il suo valore. Non vuole insegnare né dare soluzioni, ma mostrare quanto spesso siamo prigionieri della nostra stessa indecisione, e quanto la vita sappia sorprenderci quando meno lo immaginiamo.


Jonathan resta sospeso, in bilico tra il desiderio di vivere e la paura di scegliere. Io, al contrario, ho sempre cercato di reagire, anche nei momenti più bui, di muovermi anche quando le forze sembravano mancarmi. In questo contrasto ho trovato una lettura che mi ha fatto riflettere: “la vita può cambiare senza che tu muova un dito, ma è quando decidi di alzarti che cambia davvero.”


Eppure, se Jonathan appare passivo, i suoi cani non lo sono mai. Con il loro sguardo lucido e incondizionato, sembrano dirgli quello che lui non ha il coraggio di ammettere: “i cani non mentono su ciò che provano, non fingono di amare. Vivono e basta.” È forse il messaggio più potente di questo romanzo: la possibilità di imparare a vivere con più autenticità, senza filtri e senza maschere.


Non so se il destino ci guidi davvero — né se i cani possano fungere da oracoli vivi — ma so che, mentre cammino con Leon, sento un’energia che mi spinge avanti. E forse è sufficiente.


Se ami le storie che parlano di fragilità e rinascita, di amore e di paura, di quanto siano indispensabili i nostri animali nel ricordarci chi siamo, allora Jonathan Unleashed è un libro che merita di essere letto.



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